Cultura

The Great Tamer

È banale, e però continua a essere vero: a questo mondo esistono spettacoli belli, spettacoli brutti, spettacoli così così. Poi ci sono i capolavori. Ci sono oggetti, insomma, che semplicemente vanno visti; bisogna che il nostro inconscio – con la complicità di occhi e cervello – ci si scontri, con cotanta immagine e contenuti. Non sfugge certo a questa regoletta The Great Tamer di Dimitri Papaioannou, stella internazionale della danza contemporanea (dopo i Giochi Olimpici a Atene di cui curò la cerimonia di apertura nel 2004, soprattutto), al LAC di Lugano mercoledì sera con la produzione Onassis Culturale Center Athens dell’anno scorso.

Il lavoro di Papaioannou venne scoperto nientemeno che da Robert Wilson, ed è ormai materia di studio fra i più grandi coreografi del mondo (basti citare Akram Khan, che ha fatto suo il Body mechanic system, quella procedura per cui il corpo del danzatore diventa sulla scena un crocevia di battaglie estetiche). Il Grande domatore è qui il Tempo delle illusioni, e il regista e coreografo greco condensa in meno di due ore una girandola spettacolare di allusioni, anche bibliche (o forse soprattutto); si parte dall’unico tem amusicale – Sul bel Danubio blu – passando per il barbuto “Mosè” – traghettatore del popolo in scena che, al contempo, è sublime nell’esercizio di perpetua restituzione della sepoltura al “Cristo” (e già qui, parlando di citazioni, basti Antigone, anche se in scena assistiamo a buoni buoni due terzi della tragedia greca a noi giunta finora). Passando per Kubrick (non solo per Strauss: anche per la presenza di astronauti che, respirando, azzerano la distanza tra gli spettatori e la “Luna”/ignoto. Tornando indietro vediamo Rembrant, Raffaello, e qui l’esordio di pittore e artista di fumetti di Papaioannou si palesa come un boato.

Un omaggio particolare, in questo spettacolo che è un condensato di archetipi fatti a immagine e somiglianza di noialtri esseri umani (danzanti, in questo caso), è quello al maestro Jannis Kounellis, pittore e sculture greco maestro dell’arte povera scomparso un anno e mezzo fa a Roma. Senza dimenticare l’aggancio esplicito con il mito di Persefone, coi vari Zeus e Ade (…) resi carne e “cartapesta” (le scene sono magnifiche, doveroso citare Nectarios Dionysatos per le sculture, Maria IIlia ai costumi, Mary Antonopoulou e Tina Tzoka per la scena, e anche le luci perfette di Evina Vassilakopoulou). E secondo noi c’è anche quel portento teatrale e cinematografico di  Ingmar Bergman, dentro a questo universo in cui non mancano attraversamenti di palco grandi quanto il deserto.

Uno spettacolo imperdibile di cui Papaioannou è l’inventore assoluto (firma quasi tutto), che fa leva sulla parte celeste di ogni Uomo, con l’auspicio – nostro – che questa possa dominare sulla corruzione che imperversa dentro e fuori di noi. Ed è proprio quanto, da Platone in avanti, il mito si propone di fare. Grazie al “Cielo”. Cast, neanche a dirlo, all’altezza del genio che lo ha mosso e riunito: con Pavlina Andriopoulou, Costas Chrysafidis, Dimitris Kitsos, Ioannis Michos, Evangelia Randou, Kalliopi Simou, Drossos Skotis,Christos Strinopoulos, Yorgos Tsiantoulas e Alex Vangelis. ***

Margherita Coldesina

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