Teatro

Tre dita e il nucleare

Credits: Martina Tritten.

Con la gioia di un debutto e la tristezza di doverla finire subito qui (per il momento), senza le altre due repliche. E anche per lo spettatore che entrava in sala e prendeva posto sulla sedia a lui assegnata dal biglietto restava la consapevolezza di un’ultima sera prima di una nuova (ancora!) chiusura. Quella che ormai sta diventando una doccia scozzese, perché si sa quanto il virus preferisca contagiare chi va al cinema o a teatro, piuttosto che frequentare gli affollatissimi autobus e treni sui quali il Consiglio federale non ha speso una parola.

Credits: Martina Tritten.

Comunque sia, ieri sera, appena in tempo, prima della interruzione in vigore da oggi, a Foce di Lugano esaurito, è andata in scena la creazione del Collettivo Treppenwitz (di cui fanno parte anche Camilla Parini e Anahì Traversi). Per la prima volta Carla Valente si è cimentata dal palco, con un monologo, video e un testo scritto e interpretato da lei, mentre la regia se l’è divisa con Simon Waldvogel. Una messinscena in cui s’intrecciano vicenda personale e più allargata denuncia civile. A comporre la scenografia, uno schermo per proiezioni di foto, anche radiografie e filmati che vanno dal simbolico al documento privato, al materiale informativo di stampo giornalistico; un tavolo da lavoro e sul pavimento fogli, stralci di vari utilizzo e provenienza; un bidone allarmante. Sciù Sciù – Broken Becomes Beatiful è il racconto di una menomazione e di una identità spezzata, rotta, uno strappo da ricostruire, ricucire, riformare come un collage, tessere di un mosaico da ricomporre, dal particolare ad un tutto (un filo rosso qui ricorrente attraverso la forbice, il taglio, il riassemblaggio).

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