Economia

Turchia: rischio limitato di contagio per l’eurozona

Didier Borowski, capo delle ricerche macroeconomiche, Matteo Germano, responsabile del multi asset e Yerlan Syzdykow, alla testa dei mercati emergenti di Amundi Asset Management, hanno pubblicato un interessante contributo sull’evoluzione della lira turca dopo la recente svalutazione che nei confronti del dollaro USA pesa per oltre il 40%.

Secondo i responsabili di Amundi, il rischio di contagio, specie nell’area euro, resta tuttavia limitato, nonostante il fatto che alcuni istituti bancari europei ne risultino colpiti in virtù delle strette interrelazioni col sistema bancario locale e di vulnerabilità connesse ai mercati emergenti. Il Pil della Turchia è cresciuto ad un ritmo del 7.4% lo scorso anno e nel primo trimestre 2018. Ma troppo rispetto al suo potenziale sostenibile del 3.5-4% annuo. Un po’ come accaduto in Spagna prima della crisi immobiliare del 2008, dove si costruiva ovunque; in effetti, l’espansione del Pil della Turchia è stato gonfiato dall’afflusso dei prestiti esteri, commenta Didier Borowski. I crediti sono aumentati del 40% dal 2013 e pesano oggi per circa l’85% del Pil. I debiti Corporate valgono circa il 70% del Pil e la metà di essi sono in valuta estera: dopo la svalutazione, il loro peso diviene in molti casi insostenibile. A fine gennaio i debiti societari turchi in valuta estera avevano raggiunto la somma di 336 miliardi di dollari. Il boom domestico ha infatti richiesto ulteriore indebitamento, mentre sono calati gli investimenti diretti nel Paese e si è deteriorata la qualità dei debiti.

D’altra parte la banca centrale turca non è indipendente dalla politica e questo spiega la cautela degli investitori esteri, accrescendo la vulnerabilità del Paese. Il deprezzamento non è dunque giunto inatteso. Il presidente Erdogan è «nemico dell’aumento dei tassi d’interesse» e ciò complica ancor più la vicenda. Se si dovesse andare verso un controllo dei capitali, le tensioni aumenterebbero. Per questo Erdogan minaccia nei contronti degli USA un cambio di alleanze politiche e dall’altro forza l’UE per un fattivo sostegno, dato che ha concluso l’accordo per fermare il flusso di migranti verso la Germania e l’est europeo, armi politiche a fronte delle minacce che incombono sulla sua economia. L’export dell’eurozona verso la Turchia rappresenta comunque solo lo 0.6% del totale. Dovesse scendere del 20%, sarebbe solo lo 0.1% del Pil della zona euro. Quanto al sistema bancario, gli istituti turchi sono debitori di 83 miliardi di dollari alla Spagna, 38 miliardi a quelle francesi e 17 a quelle italiane, circa quanto la Germania, tra valuta locale e prestiti esteri. Insomma, meno del 15% del loro Equity. Yerlan Syzdykov consiglia comunque di rimanere cauti nel breve periodo sugli asset turchi finché non si siano risolti i nodi geopolitici. Matteo Germano esclude rischi di contagio perché la crisi riflette prevalentemente la fragilità del sistema locale e ciò non inficia nemmeno le possibilità sui mercati emergenti che la cui valutazione resta neutrale.

Corrado Bianchi Porro

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