Persone e paesi

Cinque giorni dopo il padre è morta Elena Felder

Figlia dell’avvocato Franco, aveva 52 anni. Mercoledì 18 novembre, alle 10.30, al Cimitero di Lugano l’ultimo saluto.

Elena Felder

Elena Felder (Foto privata).

La fornace di fusione dei materiali di cui si compone l’umana vicenda è proprio smisurata e i giorni ce ne danno spesso, purtroppo, puntuale e insondabile conferma. Lunedì scorso, 9 novembre, moriva l’avvocato Franco Felder; sabato 14 novembre è morta la figlia più giovane, Elena, di 52 anni.

Padre Turoldo mi citava spesso sua madre, che era allenata alle fatiche del vivere, soprattutto al dolore: “Al meglio son tutti pronti, al peggio non è preparato nessuno e ricordati che nella nostra lingua un proverbio dice che c’è sempre un peggio che ha da nascere”.

Per quel che ho conosciuto la famiglia Felder, più che al meglio erano attrezzati nella misura ad affrontare quello che i giorni presentano, ben sapendo che l’esistenza si sconta vivendo. L’avvocato aveva quella che si dice una bella età: 91 anni; la figlia che se n’è andata non ne aveva molti più della metà. Due vuoti così profondi e ravvicinati lasciano impietriti e senza parole. Con la compostezza che le è abituale, la famiglia sta facendosi forza e trova un conforto che è la fede per chi ha la fortuna di credere. Le persone che coltivano la speranza hanno anche questa non comune dote: la rassegnazione, sapendo che ci sarà un riabbraccio e che comunque chi muore non ci lascia, ma è dappertutto e continua ad essere con noi. Sempre Turoldo non amava parlare di “poveri morti”: è un linguaggio che detestava; lui voleva che si parlasse di “defunti”. Si viene meno a una “funzione”, ma si resta, non finisce tutto al cimitero. Nella natura le piante in inverno sembra che muoiano avvolte dal freddo, poi in primavera le gemme annunciano la nuova vita. È con questi sentimenti rassicuranti che Elena ha vissuto il suo crescente rapporto con la sofferenza, mai cedendo allo sconforto e anzi trasmettendo la sua energia interiore ai congiunti. Lo ha fatto anche in questi due ultimi mesi in cui la malattia andava appesantendo i colpi.

Elena era nata a Sorengo nel 1968, ultima dei tre figli di Gabriella e Franco: dopo Nicola e Francesca. Finito il liceo a Lugano, s’era diplomata in Scienze del Turismo a Ginevra, dove aveva esordito nel mondo del lavoro che poi l’aveva portata a Basilea e a Monaco di Baviera. Si era sposata con Gianluca Generali, figlio di Claudio e dalla loro unione è nato Matteo, in un clima di armonia, gioia e intesa che si traducono in una parola unica, Amore. Ampia la gamma degli interessi, in tutti i campi, del resto era l’atmosfera che si respirava in casa, dove si sentiva molto marcata l’impronta di quel grande umanista che era papà: libri e spartiti musicali, classica e leggera, arte e teatro. È anche dentro queste risorse che una persona trova risorse per lo spirito.
In famiglia, oggi, mettono in evidenza come “l’arte era per Elena una fonte di introspezione per conosce l’altro, cioè l’Uomo”. Questa donna, con la sua carica di empatia, si trovava a suo agio con tutti, ricambiata, perché non si poteva non volerle bene con quella straripante mitezza e con il garbo d’altre epoche che aveva addosso.

Pensando a due partenze ravvicinate, prima il papà e poco dopo la figlia, pare proprio che i due – legatissimi anche nella vita – non potessero riposarsi in solitudine e, anzi, dovessero aprire l’uno all’altra le porte di quel mistero che si chiama Aldilà. Lei Elena, andava peraltro interrogandosi e non solo nel tempo ultimo sul senso di quanto stava sperimentando, che per lei approdava nel porto dell’anima. Quella è stata la sua lunga prospettiva. La morte non è la fine della vita e basta. La risposta è dove Elena ora si trova.

Giuseppe Zois

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