Dibattito

Elezioni europee: virata a destra, ma non estrema

Nessuna “onda nera”, ma l’Europa pare orientata a destra – sebbene non estrema. Vero, dopo le elezioni dell’Europarlamento, i conservatori di ECR e i sovranisti di ID beneficiano di qualche seggio in più (4 e 9, rispettivamente). Ma è anche il caso del PPE (+ 10 seggi), che si conferma il perno di ogni alleanza e futura composizione governativa. Che avrà come primo compito formare un cordone sanitario attorno agli estremismi di destra e di sinistra, che non appartengono alla tradizionale valoriale europea. Tracollo invece dei liberali di Renew Europe (23 seggi persi, ma ancora terzo gruppo alla Camera europea) e dei Verdi (-18 seggi, da quarto gruppo a sesto). In flessione i socialdemocratici (-4 seggi). In sostanza, la situazione rispetto alla nona legislatura non cambia molto. L’attuale Presidente della Commissione Ursula von der Leyen può contare su una solida maggioranza per ottenere i 362 voti per essere rieletta.

Ancora incognita sul Presidente del Consiglio Europeo – visto il risultato di RE, Charles Michel potrebbe non avere molte chance di riconferma. D’altra parte, Roberta Metsola si avvia verso un secondo mandato allo scranno più alto dell’Europarlamento. Hanno fatto molto eco i risultati in Germania e Francia, le cui analisi post-voto appaiono viziate. Da mesi, infatti, la Alternative für Deutschland (AfD) è il secondo partito del paese nei sondaggi. Mentre era ben chiaro che in Francia il Rassemblement National avrebbe fatto benone. La leadership di Olaf Scholz ed Emmanuel Macron, i due pesi massimi dell’UE, sono contestate. Il tracollo dei rispettivi partiti non è da minimizzare; è grave – entrambi sono fermi al 14 per cento. Difficile pensare che questa volta Berlino e Parigi potranno imporre le nomine ai vertici dell’UE. Le elezioni europee hanno confermato al Bundeskanzleramt carisma e leadership non sono all’ordine del giorno.

Si riconferma l’impressione che l’ex borgomastro di Amburgo sia Cancelliere quasi per caso. Sul fronte interno, Scholz dovrà esibire un controllo della coalizione semaforo (socialisti, verdi e liberali) e del paese che non ha. Tutt’altro è il discorso per Macron, che controvoglia – ma con una velocità che ha sorpreso tutti, pure il suo Primo Ministro Gabriel Attal – ha annunciato lo scioglimento dell’Assemblea nazionale e ha indetto nuove elezioni a fine giugno, a ridosso delle Olimpiadi. Friedrich Merz, della CDU – primo partito in Germania –, è soddisfatto e mantiene i 29 seggi all’Europarlamento. AfD è al sedici – il partito non ha perso le speranze di rientrare in ID, che l’ha cacciata qualche settimana fa per “razzismo eccessivo”. Mentre l’SPD prosegue la sua crisi esistenziale e i Grünen perdono quasi la metà dei seggi, la FDP si è attestata poco sopra il 5 per cento dei voti.

Il vincitore netto di questa tornata elettorale d’oltralpe è invece Jordan Bardella – figlio di immigrati e contro gli immigrati – che sembra essere indirizzato alla volta di Matignon, incalzato da una Marine Le Pen galvanizzata e a sua volta sulla via della cosiddetta normalizzazione nell’arco politico francese. La responsabilità di governo per l’estrema destra francese è a un passo. Difficile dire se avrà la maggioranza in Parlamento. Ma a meno di grosse sorprese, la Francia si avvia verso la sua quarta cohabitation. Pare strano, ma dopo le elezioni europee, questa volta è l’Italia che si aggiudica il premio alla stabilità. I risultati delle elezioni sostanzialmente fotografano la situazione politica attuale. La vincitrice è Giorgia Meloni – due milioni e mezzo di preferenze. Per altro con Donald Tusk, l’unico capo di governo, tra i grandi paesi EU, a vincere di misura, con quasi il 29 per cento, aggiungendo 14 seggi in Europarlamento.

Per Meloni si tratta di una vittoria personale importante, se poi si considerano le origini di Fratelli d’Italia (FdI) e il difficile accantonamento dell’immagine del post-fascismo. Passi avanti verso la conversione europeista e atlantista sono stati fatti – ed elettori “non naturali” di FdI hanno premiato la scelta. Per quanto si dica che il partito giocherà un ruolo nel ricostituire la maggioranza Ursula, questo non pare il caso – nonostante von der Leyen necessiti di qualche decina di voti per assicurarsi con agio il bis. La presidente della Commissione tiene la porta aperta, ma liberali e social-dem non sono d’accordo ad aprire troppo alla destra di ECR, di cui Meloni è presidente. Due le sorprese sostanziali in Italia. Un Partito Democratico al 24 per cento che ottiene 5 seggi. Ma soprattutto, il superamento di Forza Italia sulla Lega di Matteo Salvini (che alle elezioni europee del 2019 registrava il 35 per cento).

Nel resto dell’Unione, il Partito Popolare spagnolo ha battuto di quattro punti il Partito Socialista del Primo Ministro Pedro Sánchez. In Polonia si conferma la tendenza bipolare, con Tusk in testa rispetto al PiS di appena un punto. Il PM belga Alexander De Croo si è dimesso a seguito di una rovinosa sconfitta che lo ha visto arrivare in settima posizione. Viktor Orbán ha perso quasi dieci punti, ma rimane saldamente in sella con oltre il 44 per cento dei voti. L’FPÖ austriaca vince con il 25 per cento, tallonata dai moderati dell’ÖVP, al 24 per cento, confermando una tendenza destrorsa a cui l’UE deve fare fronte. Certamente, la prossima Commissione dovrà continuare a lavorare sulle tematiche attuali – tra cui, in particolare, la transizione climatica ed energetica, la competitività del mercato interno, il contenimento dell’aggressivo espansionismo russo e il supporto all’Ucraina tramite un nuovo sistema di difesa comune.

Se il voto francese non deve influenzare la percezione di una enorme rimonta della destra estrema, il maggior pericolo sussiste soprattutto nell’ignorare l’incremento generale delle destre. Qualcosa che la Commissione – e in generale i dirigenti e i vertici europei – non possono permettersi. Sebbene la maggioranza pro-europea resista alla Camera europea, i segnali dell’elettorato sono eloquenti e il desiderio di cambio di passo sono chiari. La prova è l’astensione abnorme – tipico delle elezioni europee, ma anche della sfiducia progressiva che si registra da anni nelle democrazie consolidate. Se la prossima Commissione non analizzerà i fenomeni alla base dell’incremento, pur discreto, della destra e non contemplerà almeno alcune tematiche di ECR – che non è una banda di pericolosi fascisti – potrà subirne dei danni. E si noti che questo non è in contraddizione rispetto al tentativo di tenere alla larga le demagogie pericolose degli estremisti che entreranno nel prossimo Europarlamento.

Amedeo Gasparini

www.amedeogasparini.com

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