Intervista

Gianna A. Mina, direttrice del Museo Vincenzo Vela racconta la mostra “Giappone. L’arte nel quotidiano”

In occasione della mostra Giappone. L’arte nel quotidiano abbiamo intervistato la Dr. Gianna Antonia Mina, Direttrice del Museo Vincenzo Vela di Ligornetto dal 1992 nonché Presidente dell’Associazione dei Musei Svizzeri e del Consiglio di Fondazione del MASI, il Museo d’Arte della Svizzera Italiana.

Com’è nata l’idea della mostra: Giappone. L’arte nel quotidiano? E in che modo ha avuto origine la collaborazione con il collezionista Jeffrey Montgomery?

La mostra è nata da un primo contatto con Marco Franciolli, l’allora direttore del MASI. Dopo i primi incontri ha iniziato a prendere forma l’idea. Il punto di partenza erano i novecento manufatti della collezione Montgomery di cui mi premeva soprattutto mettere in mostra la qualità e la verità. Dopo aver letto i cataloghi delle mostre precedenti ho riflettuto sulla grande opportunità per il Ticino di scoprire oltre a collezioni locali anche quelle raccolte da chi, come Jeffrey Motgomery, da cinquant’anni ha posto l’accento su culture lontane. Un progetto sicuramente importante per un Museo come il Vela che si prospetta come luogo di incontro e di confine reale tanto quanto metaforico.

Com’è stato pensato l’allestimento e quanto tempo si è reso necessario?

Per una mostra come questa è stata necessaria una preparazione di tre anni. Innanzitutto ho contattato degli specialisti: la Dr. Rossella Menegazzo dell’Università degli Studi di Milano e il Dr. Hans Bjarne Thomsen dell’Università di Zurigo per una prima scrematura dei manufatti da esporre; in seguito sono intervenuta per distribuire i manufatti nelle sale del Museo. Il vero e proprio allestimento fisico ha richiesto sette settimane. Il Vela è un Museo che si presta ad una suddivisione tematica: ogni sala è quindi dedicata ad un differente tema della mostra.

Come si inseriscono i manufatti all’interno della struttura del Museo? Come “dialogano” le opere esposte tra loro e con la collezione permanente?

È fondamentale che il “dialogo” non sia mai forzato. Entrando negli spazi del museo, si possono notare delle sintonie cromatiche, volumetriche, di senso tra i manufatti esposti e le sale storiche. I ganci da focolare (jizaigake) in legno di zelkova di colore violaceo assomigliano a delle “sculture di uso domestico”, esposte in modo tale da poter dialogare con lo spazio: si crea pertanto una sintonia concettuale che funziona. L’urna funeraria di Okinawa, ho scelto invece di collocarla nella sala che ospita le sculture funerarie di Vincenzo Vela, per cui in questo caso è prevalsa una sintonia di uso. Quella attuale è un’epoca in cui ai Musei viene sovente chiesto di riflettere su forme di ibridazione dei generi e c’è inoltre una coincidenza storica interessante da valutare: gli anni tra il 1862 e il 1865 sono quelli in cui Vincenzo Vela fa costruire la sua villa (cioè l’attuale Museo) e in quello stesso periodo il Giappone si apre all’Europa. Gli artisti europei scoprono il “giapponismo” (basti pensare agli Impressionisti) e sebbene Vincenzo Vela e il realismo del suo stile non rientrino nella categoria degli artisti interessati all’arte dell’Estremo Oriente, tuttavia gli anni sono i medesimi.

In occasione del convegno avete presentato anche il catalogo della mostra. Ci potrebbe fornire qualche notizia in più: com’è stato pensato e organizzato?

Il catalogo è frutto di una collaborazione. Mi premeva soprattutto che fosse spiegata bene la teoria filosofica del mingei, per questo sono stati inseriti saggi specifici per ognuna delle tematiche. È un catalogo pregiato che segue l’allestimento della mostra.

Da un anno il Museo Vela si è dotato dell’applicazione SmARTravel creata dalla Start up ticinese Alsaro, quali nuove possibilità offre?

SmARTravel è un’applicazione ambiziosa che mira a riunire le audioguide idealmente provenienti da istituzioni di tutto il mondo, in modo che possano rimanere nell’archivio di cellulari e tablet rendendole fruibili anche a distanza di anni. L’aspetto importante è il fatto che sono i curatori stessi quindi specialisti a fornire i contenuti. È un’applicazione creata in collaborazione con le istituzioni museali che permette di scaricare gratuitamente le descrizioni generiche di centinaia di istituzioni ed è uno strumento al contempo molto accessibile e aperto, che consente al pubblico di crearsi un proprio archivio di audioguide personalizzato. È anche uno strumento utilissimo per le persone ipovedenti e non vedenti perché permette di raccogliere i contenuti in un unico “strumento”, senza dover di volta in volta accedere ai singoli siti.

Intervista a cura di Francesca Rossetti

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