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Lanciata una petizione per salvare la Rete Due della RSI

Come denunciato dalla sezione ticinese del sindacato svizzero dei mass media (SSM) e da Syndicom, nell’ambito del progetto di ridefinizione dei programmi radiofonici, per Rete Due, la rete culturale, sarebbe prevista una riduzione del parlato dal 40% al 10% del tempo di antenna. In un comunicato rilasciato nella serata di mercoledì 9 dicembre la RSI precisa che si tratta di «un progetto che non riguarda esclusivamente i programmi di Rete Due ma tutta l’offerta di contenuti audio RSI, quindi anche i programmi di Rete Uno e Rete Tre e, sicuramente, non prevede affatto uno smantellamento dell’offerta culturale radiofonica».

Per chiedere alla direzione della RSI un cambiamento di rotta, martedì è stata lanciata una petizione online, che ha già raccolto oltre 6000 firme.

Il comitato dell’Associazione ticinese dei giornalisti (ATG), a seguito dell’intervento a Diderot del direttore della RSI Maurizio Canetta sul futuro di Rete Due, ha diramato il 10 dicembre un comunicato stampa, che qui riportiamo integralmente:

Insostenibile una Rete Due (quasi) unicamente musicale

In un panorama mediatico che soffre per i tanti mutamenti in atto e da tempo non punta più sulla cultura, la Rete Due nella sua forma attuale è un luogo preciso e riconoscibile, la casa della cultura dove con competenza e professionalità si dà voce ai diversi attori e ai diversi progetti, alle tante attività e alle tante anime della vita culturale della Svizzera Italiana. Oltre a costituire una vera e propria scuola di giornalismo culturale.  

Se la SSR e la RSI sono chiamate a risparmiare per il calo della pubblicità è giusto che tutti i settori diano un contributo, Rete Due compresa. Ma tutt’altra cosa è il progetto di ristrutturazione attualmente in fase di valutazione e che prevede un radicale mutamento dell’identità di Rete Due, peraltro già mutilata di contenuti importanti negli ultimi anni.

L’idea di diluire la produzione di emissioni culturali attualmente offerte da questa rete, dirottandole in parte solo sul web e in parte su Rete Uno, fino a fare di Rete Due una rete quasi unicamente musicale, significherebbe rinunciare al suo carattere più specifico e prezioso. Oggi Rete Due si offre a tutti quale luogo capace di sintetizzare e riproporre il meglio di tutta la produzione culturale della nostra regione, uno stimolo continuo e sorprendente per chiunque si sintonizzi sulle sue onde. Relegare buona parte di questi contenuti solo sul web vorrebbe dire creare piccole nicchie per specialisti.

Noi dell’ATG lo sappiamo bene, sono tempi difficili per il nostro settore e non da oggi. Ma i tempi pandemici ci hanno mostrato che il valore e la necessità della cultura, una cultura raccontata, spiegata, dibattuta, criticata con professionalità, competenza e con i necessari mezzi. Il servizio pubblico non può rinunciare a questo, non può rinunciare a fare la sua parte. Se lo fa rinuncia ad una sua fondamentale ragion d’essere e le numerose voci della società civile levatesi in questi giorni lo dimostrano.

Non si capisce tra l’altro perché mai la SSR RSI dovrebbe dotarsi di una nuova Rete quasi unicamente musicale, quando la stessa SSR propone già Swiss classic e Swiss jazz, i due generi musicali più trasmessi da Rete Due. Il progetto rischierebbe dunque di essere un doppione di queste due reti, creando una incomprensibile concorrenza interna. Il cosiddetto “parlato di Rete Due” è il carattere più specifico della rete culturale e ciò che ne giustifica l’esistenza. Per questo va difeso nella sua forma attuale, migliorabile come ogni cosa.

Crediamo che la Direzione RSI sia chiamata ad una scelta coraggiosa e vitale per la sua identità e missione, confermando Rete Due nella sua forma attuale, continuando ad offrire il Parlato, ovviamente anche sul web. Tutto ciò nel rispetto delle riduzioni di bilancio a cui tutta la SSR, non solo la RSI, è chiamata.

Sottolineamo inoltre che il settore giornalistico dell’intera RSI, compreso il giornalismo culturale, quello sportivo e quello d’inchiesta, dovrà rimanere il perno centrale del futuro dell’azienda. Notiamo a questo proposito una preoccupante erosione di personale dovuta alla mancata sostituzione di colleghi andati in pensione, a cui si aggiunge la riduzione degli incarichi assegnati al personale tecnico, ad esempio tra i cameramen e i montatori che oggi lavorano, è bene ricordarlo, in gran parte con contratti esterni. Questo arreca danno alle redazioni e prima o poi intaccherà anche la qualità dei servizi e dei programmi giornalistici proposti. In altre parole: indebolire le redazioni, questo proprio non s’ha da fare.

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