Commento

Montanelli il fascista, Berlusconi e le sinistre

Indro Montanelli il fascista: colonialista, misantropo, con manie di protagonismo; gonfiatore di storie e opportunista. Sono queste le accuse principali che spesso vengono mosse nei confronti del giornalista fucecchiese quando si esplora il suo passato in relazione al Fascismo. Montanelli era affiliato al regime mussoliniano. Prese la tessera del partito fascista e incontrò più volte il Duce. Mai negò la sua adesione al regime, neppure in epoca repubblicana. Fu però lo stesso Fascismo che poi lo espulse a seguito dei reportage sgraditi dalla guerra di Spagna. Montanelli smontò sul campo la gloriosa narrativa pro-franchista e questo gli valse una scomunica iniziale. Dopo l’8 settembre 1943 e l’invasione dei nazisti della Penisola, la creazione della Repubblica Sociale e l’avvio della guerra civile con gli Alleati che risalivano lo Stivale, Montanelli fu condannato a morte da quello stesso Fascismo nel 1944. Salvato dall’intervento del cardinale Idelfonso Schuster, trovò rifugio in Svizzera.

Qui era visto come l’italiano, il fascista, ma anche l’opportunista, il voltagabbana. Di rientro in Italia, votò per la monarchia e per le successive due generazioni fu accostato al e tacciato di Fascismo. Licenziato dal Corriere della Sera che strizzava l’occhio alla sinistra, nel giugno 1974 diede vita al Giornale Nuovo, foglio liberalconservatore. E ancora: Montanelli il fascista. Ma fascista, fino a quando non ruppe con uno ancora più “fascista” di lui, ovvero l’editore Silvio Berlusconi. Che al momento della sua discesa in campo aveva già consumato il divorzio con il direttore. E dal 1994, Montanelli il fascista venne d’un tratto riabilitato ed estratto dal purgatorio della vergogna nera dai detrattori di una vita. Si era opposto a Berlusconi: era dunque improvvisamente lodevole. Fascista, ma buono: perché sfidava il Cavaliere nero! Tanto che venne accusato di essere “diventato comunista” per una sua partecipazione ad una festa dell’Unità.

Nel corso della sua lunga carriera, le accuse di Fascismo che Montanelli si è visto rivolgere sono sempre state strumentali. Era un fascista reazionario fino a quando attaccava le sinistre socialiste, comuniste e democristiane. Quando poi il vento cambiò e un nuovo nemico Berlusconi si palesò all’orizzonte, allora Montanelli venne riabilitato. Il fucecchiese non fece dell’Antifascismo una bandiera come fecero molti che fascisti lo erano stati in gioventù come e con lui. Montanelli il fascista non si vergognò di avere aderito al Fascismo. Aveva anzi deriso gli aspetti grotteschi della dittatura, passò la purga imposta al Corriere della Sera nel Dopoguerra e si fece paladino del liberal-conservatorismo negli anni di Piombo. Non rinnego mai il passato. Lontano da derive nostalgiche, non votava il Movimento Sociale Italiano – la continuazione ridimensionata del Partito Fascista in età repubblicana.

Disprezzava però l’Antifascismo militante (e questo sì opportunista) di molti colleghi e figure di spicco del secondo Novecento. Dario Fo, Eugenio Scalfari, Norberto Bobbio, Giorgio Bocca, Amintore Fanfani, Giuseppe Ungaretti, Curzio Malaparte e Carlo Emilio Gadda erano stati tutti fascisti. A pochi di questi vennero fatte le pulci sull’aderenza al Fascismo. Anzi, alcuni sono diventati i santoni della sinistra comunista italiana. Sorge il sospetto che gli attacchi a Montanelli non derivavano tanto dal fatto che egli era un ex-fascista. Montanelli dava fastidio per le sue prese di posizione sulle vicende politiche, sociali e culturali italiane. E a differenza di molti colleghi giornalisti, non rinnegò il proprio vissuto. Giornalisti meno dotati e più ipocriti di Antifascismo hanno campato a lungo. Il paradosso con cui concluse la sua “lunga e tormentata esistenza” fu che alla luce del suo distacco da Berlusconi, Montanelli venne accusato di essere … comunista.

Amedeo Gasparini
www.amedeogasparini.com

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