Riflessione

Non è guerra. È terrorismo antisemita

Una casa bruciata nel kibbutz Be'eri dopo l’attacco terroristico di Hamas, 7 ottobre 2023.

Una casa bruciata nel kibbutz Be’eri dopo l’attacco terroristico di Hamas, 7 ottobre 2023 (© Lazar Berman/The Times of Israel)

Si tratta dell’attacco alla vita ebraica più violento dal 1945: con oltre mille morti, dalla fine della Shoah non si conta un numero così alto di ebrei massacrati. Chi cerca una qualsiasi giustificazione politica o storica dell’assalto terroristico di Hamas misconosce totalmente quello che è veramente successo dal 7 ottobre. Si è cercato di sottolineare che Netanyahu è il vero impedimento alla pace in Palestina, oppure di ricordare le forti critiche a lui da parte dell’opinione pubblica israeliana proprio dopo l’inizio dei massacri: argomenti fuori luogo nei confronti dei 260 giovani uccisi mentre festeggiavano il Sukkot, dei 40 bambini trucidati nel kibbutz di Kfar Aza… e la lista delle barbarie è lunga. Come Israele ha dichiarato fin da subito, non c’è nessuna alternativa alla risposta più decisiva possibile finalizzata all’eliminazione di questa organizzazione terroristica che per anni è stata armata fino ai denti dall’Iran e il cui fine dichiarato è l’eliminazione d’Israele. Il messaggio deve essere chiaro: nessuno ha il diritto di mettere a rischio l’esistenza dello Stato d’Israele come unico luogo al mondo che protegge la vita ebraica.

Dopo la formazione del governo di emergenza nazionale, la guerra urbana in Gaza sarà lunga – probabilmente durerà settimane e mesi – e produrrà altre immagini terribili che divideranno l’opinione pubblica in Europa. Intanto Biden non frena Israele e chiede come unico limite il rispetto del diritto di guerra. L’arrivo della portaerei americana e di altre navi militari ha innanzitutto lo scopo di impedire che Hezbollah, che dispone di un arsenale di armi ancora più grande di Hamas, possa entrare in guerra e aprire per Israele un secondo fronte. Da qui, molti scenari sono possibili e purtroppo nessuno può essere escluso.

Al momento non c’è dubbio sulla solidarietà europea con Israele, ma molti sono i dubbi sulla tenuta dell’opinione pubblica a medio termine. A proposito, ci si augurava certamente una presa di posizione più forte delle associazioni musulmane in Europa. Ma ciò che ci preoccupa sono le feste e i cortei di solidarietà con Hamas e contro Israele, specialmente in Germania e Italia. Abbiamo sottovalutato la presenza e il potenziale violento dell’antisemitismo – non solo di destra, ma anche islamico – nelle nostre società? Gli schieramenti politici fanno finta di non vedere?

Hamas rappresenta l’unione delle forze antisemite in questo mondo, specialmente l’Iran, che è considerato il vero attore dietro i recenti attacchi. E mentre la posizione della Turchia è quantomeno ambigua – da un decennio Erdogan ospita una base operativa di Hamas e non ha condannato l’attacco terroristico – è senza dubbio la Russia che ne trae vantaggi strategici. D’altronde il 7 ottobre è stato il compleanno di Putin.

Markus Krienke

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