Conferenza

La sofferenza degli innocenti, da Kierkegaard a Recalcati

Michelangelo Merisi da Caravaggio, Sacrificio di Isacco, 1603.

Martedì 28 marzo alle ore 18 presso la Biblioteca Salita dei Frati di Lugano si terrà la terza e ultima conferenza del ciclo “Bibbia, letteratura, filosofia“, che ha visto avvicendarsi al microfono nelle scorse settimane Edoardo Fumagalli su Francesco Petrarca e Adalberto Mainardi su Alexandr Solženicyn. Sarà questa la volta della filosofa Gabriella Farina, che terrà una relazione dedicata al tema della sofferenza degli innocenti partendo dalle vicende bibliche di Abramo e di Giobbe, lette attraverso le interpretazioni di Søren Kierkegaard, Luigi Pareyson e Massimo Recalcati.

Kierkegaard in Aut Aut parla dello stadio religioso ed assume Abramo come figura simbolo; in Timore e Tremore, scritto sotto pseudonimo (Johannes de Silentio) nel 1843, dopo la rottura del fidanzamento con Regina Olsen, prospetta la possibilità della «sospensione dell’etica» di fronte all’esigenza religiosa «per vedere quale enorme paradosso è la fede, un paradosso che è capace di trasformare un omicidio in un’azione sacra e gradita a Dio, il paradosso che restituisce Isacco ad Abramo e di cui nessun pensiero può impadronirsi perché la fede comincia appunto là dove il pensiero finisce». In modo non dissimile pensa più recentemente Luigi Pareyson, quando sostiene che «nell’abisso della fede c’è il dubbio, la rivolta, la disperazione, l’angoscia». Di fronte al male la ragione filosofica non comprende, né spiega. Tale ragione «non ha trovato di meglio che sopprimere ciò che la disturbava e risolvere completamente l’incomprensibile in trasparente razionalità». È questa la grande ed eterna illusione della filosofia. Ai racconti biblici di Abramo e di Giobbe si è dedicato anche Massimo Recalcati offrendoci un’avvincente interpretazione psicoanalitica. Abramo è l’uomo della fede, dell’«Eccomi» pronunciato senza esitazioni di fronte alla chiamata di Dio. Ma per Abramo non c’è che la solitudine dell’Atto, quello di sacrificare il proprio figlio; deve mantenere il segreto, non può comunicarlo a nessuno. L’aspetto originale dell’interpretazione di Recalcati è che egli prospetta la possibilità di leggere il capitolo ventiduesimo di Genesi secondo una visuale diversa. «E se il sacrificio di Isacco non fosse altro che il sacrificio di Abramo? Qual è il compito pieno della paternità se non quello di perdere il proprio figlio, di lasciarlo andare, di spezzare i lacci che lo legano al mondo chiuso della famiglia?» È il passaggio doloroso che fa del figlio, da oggetto amato dai genitori, un “soggetto” della propria vita autonomo e responsabile. Con la storia di Giobbe, Recalcati evidenzia la scissione della Legge di fronte al reale della sofferenza e al suo grido. Nessun libro della Bibbia, come quello di Giobbe, ha affrontato con vertiginosa forza il tema della sofferenza umana e quello più generale del senso della vita. La vita di Giobbe appare stretta tra due impossibili: quello di accettare il non-senso del male e quello di smettere di credere in Dio: la stessa tremenda incertezza nella quale si trovano Abramo e Gesù nel Getsemani.

Gabriella Farina, insegnante di Storia della Filosofia contemporanea presso l’Università degli Studi Roma Tre, fa parte del Comitato Scientifico del Centro di Studi Italo-Francesi e del Consiglio d’Amministrazione del Gruppo di Studi Sartriani di Parigi. È Promotrice e Direttore Responsabile della Collana d’inediti in italiano di J.-P. Sartre e della rivista «Studi sartriani». Dopo aver condotto ricerche sull’estetica e sulla filosofia del Romanticismo tedesco, ha dedicato i suoi interessi al pensiero di Sartre. Partecipazione libera e gratuita.

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