Commento

Lettere di Alessandro Manzoni, uomo nuovo, tra amore e amicizia

Le Lettere d’amore, d’amicizia e d’altre cose (Rizzoli 2023) riprendono alcune delle più significative lettere di Alessandro Manzoni, che si estendono su tutto l’arco della sua lunga vita. Ne emerge un uomo nuovo, un Manzoni affettivo e premuroso. Da giovani e da adulti, tutti ci siamo immersi chi più e chi meno nelle opere dello scrittore lombardo. Dalla lettura delle lettere persiste l’impressione che l’uomo dietro l’autore sia una figura statica, quasi eterea. Nella sua corrispondenza epistolare emergono nuove dimensioni di Manzoni, tra il pubblico e il privato. Il Nostro si descrive come un marito innamorato, un padre angosciato, un gentiluomo schivo che declina l’invito a occupare i posti di rilievo nei grandi eventi della Storia che lo toccano. Manzoni portava il peso dello scrivere, ma non avrebbe preferito altra occupazione. Nessuno, nella sua cerchia, restava senza una sua lettera.

Nella prefazione al volume, Edoardo Albinati sottolinea che le lettere di Alessandro Manzoni, uomo di sottigliezze e intelligenza, esplorano tutte le sfaccettature della sua vita. Emerge in particolare il suo timore di essere travolto dagli eventi – specialmente tra la Lombardia e Parigi. Pur essendoci polemiche sporadiche negli scritti, questo tono non è consueto nell’epistolario. Il che rende la lettura scorrevole. Il volume, che copre solo una parte delle circa 1900 lettere estese nell’arco di settant’anni su una vasta gamma di temi e destinatari, affronta anche il sospetto che lo scrittore non sia stato un buon padre. Riguardo al registro, Pierantonio Frare sottolinea che «Manzoni, pur rimanendo sempre sé stesso, ricorre ai milanesismi con i milanesi, toscaneggia con i toscani, scrive francese con i francesi».

L’autore chiede e riceve consolazioni. Sembra, tuttavia, molto restio a offrirne. Sin da giovane manifestò un grande bisogno d’amore. Nella lettera del 14 giugno 1907, per esempio, delineò le caratteristiche della moglie ideale. Ella doveva essere «un’anima elevata e sensibile, un’anima che possiede la virtù che le abbraccia tutte, la Benevolenza; uno spirito giusto e raffinato, abitudini semplici, un carattere calmo ed equilibrato, nessun gusto per i divertimenti chiassosi, molto gusto al contrario per la campagna, per la cura e per i veri piaceri casalinghi, una figura attraente, talenti apprezzabili, genitori affettuosi che sono tanto stimabili quanto considerati; aggiungete una buona dose di bontà e di tolleranza». In cambio egli poteva offrire «un cuore retto e puro», accompagnato da una «assoluta avversione alla socialità». Rimase con Enrichetta Blondel – stremata dalle numerose gravidanze (dodici, dieci delle quali portate a termine) – dal 1808 al 1833, quando il giorno di Natale scomparve.

Tra le prime lettere, molti pensieri vanno all’amico fraterno Claude Fauriel. Ma anche al «carissimo e onoratissimo» padre, Pietro Manzoni – «mi affliggano i tuoi sentimenti per me». Dunque, alla seconda moglie, Teresa Borri – «Mia Teresa, è per me un piacere lo scriverti, ma sarà incomparabilmente maggiore quello di leggerti». E a Massimo D’Azeglio, dal «pregiatissimo signore» dell’aprile 1831 al «mio caro Massimo» dell’ottobre 1850. Nella seconda parte del volume spiccano le lettere ai figli, tra cui a Filippo Manzoni su questioni spinose e sentimentali – «tu mi chiedi, con incredibile leggerezza un perdono». E a Enrico Manzoni, «Dio ti perdoni il male che mi vai facendo da tanti anni». Il linguaggio e il ritmo, la testimonianza, la prosa straordinariamente sovrapponibile al resto delle sue opere, portano a concludere che le lettere di Alessandro Manzoni come a tutti gli effetti un’opera letteraria a sé.

Amedeo Gasparini

www.amedeogasparini.com

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