Conferenza

Marianne Werefkin e la nascita del Museo di Ascona

Willy Fries, La pittrice Marianne Werefkin, 1921. Collezione Comune di Ascona.

Venerdì 2 giugno alle ore 18.30, presso l’Auditorium di Monte Verità, Mara Folini (Direttrice del Museo Comunale di Arte Moderna di Ascona) proporrà un ritratto dell’artista Marianne Werefkin attraverso la narrazione della sua vita intensa, delle sue relazioni e della profonda empatia verso il popolo asconese. Traccerà il profilo di un’artista autentica, che ha lasciato tracce significative nella comunità che ha contribuito a creare e che è diventata la sua casa per la vita. Al racconto del profondo significato professionale dell’artista, Mara Folini affiancherà le storie di amicizia, le sofferenze e le preoccupazioni economiche, derivate dalla perdita della rendita familiare e dalla fine della lunga relazione di Werefkin con Alexej Jawlensky che, a sessant’anni, sola, si trovò a vivere ai limiti della sopravvivenza.

Pittrice di origine russa, Marianne von Werefkin nacque a Tula nel 1860 da una ricca famiglia aristocratica. Studiò a San Pietroburgo all’Accademia imperiale di belle arti e a Mosca, dove si avvicinò alle idee simboliste e postimpressioniste.Trasferitasi a Monaco di Baviera nel 1896 con il compagno Aleksej von Javlenskij, fu tra i fondatori della Neue Künstlervereinigung di Monaco (1909) e poi del gruppo di artisti “Der Blaue Reiter” (1912). Allo scoppio della prima guerra mondiale si rifugiò in Svizzera – dapprima a Saint-Prex – e poi negli ambienti dadaisti di Zurigo nel 1917. Giunse ad Ascona nel 1918, dove ebbe un ruolo determinante nella storia culturale e sociale del borgo e dello stesso Monte Verità. Si deve soprattutto a lei l’idea straordinaria di costituire il primo museo svizzero autogestito, nato nel 1922 grazie alla donazione da parte degli artisti che frequentavano il borgo e dei colleghi che vivevano altrove. Insieme donarono le loro opere al Comune, ottenendo in cambio uno spazio dove promuoversi, animati da un’idea di autogestione artistica rivoluzionaria, con l’intento di creare un Museo vivo in difesa dell’autenticità soggettiva dell’artista creatore che, responsabilmente, si sarebbe presentato non «come un commerciante con la sua merce», ma come un «donatore felice e che diffonde gioia».

Al termine della conferenza segue un aperitivo offerto.

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