Commento

Tassi d’interesse e situazione mondiale, spine nel fianco dell’economia svizzera

Bandiera svizzera su picco alpino

Qualche giorno fa è arrivata una bella notizia. L’Ufficio federale di statistica (UST) ha dichiarato che l’economia svizzera nel 2022 è cresciuta di più di quanto si stimava in precedenza. In effetti, si parla di un tasso di crescita del prodotto interno lordo (PIL), che ricordiamo è il valore economico dei beni e dei servizi prodotti in un anno all’interno di una nazione, del 2.6% anziché del 2%. Un aggiustamento ancora più grande è quello relativo al 2021: in questo caso il PIL svizzero è addirittura aumentato del 5.4% anziché del 4.2%. I dati, ci spiega l’UST, sono notevolmente migliorati perché nel frattempo sono giunte le cifre di alcune grandi multinazionali legate soprattutto al settore manifatturiero che ancora non erano complete.

Tutti tranquilli e felici, quindi? No, anzi. Se è vero che in generale la lotta all’inflazione degli ultimi due anni sembra dare i suoi frutti, dato che l’indice dei prezzi al consumo non solo ha rallentato la sua corsa, ma sta tornando a livelli sopportabili, lo stesso non si può dire dell’economia reale. Le conseguenze dell’aumento dei tassi di interesse sembrano ora pesare sulle prospettive future.

In effetti, è molto probabile che nei prossimi mesi tutti noi dovremo subire un ristagno dell’economia. La situazione svizzera evidentemente dipende dall’andamento dei paesi più grandi e determinanti a livello globale. Se è vero che il PIL degli Stati Uniti è aumentato del 2% nel primo trimestre del 2023 (quindi ben al di sopra delle aspettative), le prospettive future non sembrano altrettanto positive.

I dati recentemente pubblicati sul commercio dell’Unione europea e dei paesi avanzati mostrano un rallentamento importante nel secondo trimestre. A questo aggiungiamo le difficoltà che sta vivendo la Cina: un prodotto interno lordo che cresce al di sotto delle aspettative, una disoccupazione giovanile che aumenta drammaticamente e un settore finanziario in difficoltà a causa della crisi del settore immobiliare.

A queste tensioni si aggiungono altri nuovi fattori, ultimo in ordine di tempo il riapparire dei contrasti tra due blocchi del mondo che pensavamo di aver superato con la fine della guerra fredda. L’ultima decisione presa dai paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) sembra andare proprio in questa direzione. In effetti, questa alleanza si aprirà ad altri sei Stati membri a partire dal primo gennaio 2024. Con l’entrata di Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, i BRICS rappresenteranno quasi la metà della popolazione dell’intero pianeta e il 36% del PIL mondiale.

Evidentemente questa nuova alleanza richiederà sforzi enormi nel mantenimento del dialogo tra Occidente e Oriente, che non dimentichiamolo, fanno parte entrambi dello stesso mondo.

Amalia Mirante

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