Dibattito

Teatro: una questione d’età

Cristina Castrillo, fondatrice del Teatro delle Radici.

La questione si è palesata fin dall’autunno scorso, diffusa in una sorta di dibattito strisciante e silenzioso, scusate l’ossimoro, ma recentemente resa pubblica nell’incontro organizzato dal Teatro delle Radici il 3 maggio. A provocare un senso di sbigottimento e frustrazione la lettera della Divisione della cultura e degli studi universitari che, affrontando le richieste di sostegno per l’attività annuale delle compagnie (ovviamente il problema non riguarda solo il TdR), afferma, citiamo: «Considerata la limitatezza dei fondi a disposizione, la Divisione è costretta ad operare selezioni rigorose» e quali sono questi criteri?: se quest’anno, la richiesta è «accolta in via eccezionale» ma la sovvenzione è comunque decurtata, dall’anno prossimo sarà concesso il sostegno «destinato alle attività annuali prioritariamente a compagnie gestite da personale non ancora in età di pensionamento».

Da qui, osservando con calma, da esterni, l’assurdità implicita di tale mezzo di selezione, sorgono diversi interrogativi. La necessità di risparmio ha spinto sbrigativamente ad utilizzare un tale strumento burocratico di “sfoltimento” per così dire, prendendo in considerazione un dato anagrafico, come se l’arte fosse equiparabile a qualsiasi altra professione? Ma il criterio di base per la scelta di chi è meritevole d’aiuto non dovrebbe essere la qualità del lavoro dimostrato in anni di radicamento nel territorio? Certo che giudicare la qualità richiama la fatica e disponibilità di persone competenti che si assumono l’impegno di conoscere e seguire i vari gruppi nella loro attività. E vedere, tra gli spettatori, “emissari” del Cantone è piuttosto raro. Con una tale rozza decisione, che colpisce proprio quelle compagnie che hanno fatto e continuano a fare la storia del teatro indipendente nel nostro Cantone, senza lauti guadagni e potendo attingere oggi ad un minimo di AVS, non si fa altro che ribadire l’assoluta mancanza di una visione e strategia di politica culturale. Senza contare che ci sono giovani coinvolti nell’attività annuale di compagnie gestite da “pensionati”, giovani che vengono formati, sostenuti, aiutati, incoraggiati ed è un modo di assicurare un passaggio di testimone per un’attività a cui si vuole invece procurare una drastica conclusione. Altri giovani hanno poi scelto di formare proprie compagnie sulla base dell’esperienza acquisita, basta leggere i loro curricula (quanti hanno iniziato proprio alla scuola del Teatro delle Radici?). I sentieri del palcoscenico sono seminati di volontà, povertà e ostinazione e non solo i nostri. I giovani vanno aiutati certamente, ma sempre sulle basi del talento.

Nel Cantone esiste un’accademia, la scuola di Verscio: i diplomati sono troppo numerosi per un territorio ristretto come il nostro? Ecco un’altra domanda. Se fosse questa l’intenzione, di giustificare questo tipo di formazione, a prescindere, allora occorre sottolineare che dovremmo essere orgogliosi di avere un teatro della qualità ma anche della diversità, quello delle tecniche fisiche e circensi imparate a Verscio, ma anche le marionette, la ricerca, la prosa, classica e avanguardia, metodologie differenti che danno vita e arte al teatro nel suo insieme, senza alimentare discriminazioni che possono solo evocare spaventosi fantasmi del passato. Un ricambio generazionale non può avvenire in maniera forzata, si sono viste fin troppe meteore in questo campo. Se poi si sottolinea che il rifiuto del sostegno riguarda solo l’attività annuale non la produzione, allora ci si può interrogare sul rapporto inscindibile che ci può essere tra i due aspetti del lavoro, nel caso del Teatro delle Radici, il pericolo di perdere la propria sede con tutti i problemi connessi di stabilità e continuità. Aggiungiamo che a parte la questione dei “pensionati”, ad altre compagnie è stato rifiutato il sostegno con motivazioni cavillose, pretestuose e a volte anche errate. Giustamente il sostegno non è un diritto, ma la selezione dovrebbe essere basata su altri criteri.

Il “pensionato” Michel Poletti.

E a questo proposito c’è un ulteriore argomento sollevato, la composizione della sottocommissione del teatro che dà un parere sui sostegni da attribuire, parere che in genere viene semplicemente avallato dal DECS. Si vorrebbe che ne facessero parte persone neutrali, non esse stesse implicate nell’attività teatrale. In questo caso, presidente della commissione è Cristina Galbiati, responsabile per la sezione Ticino di t.punto (che rappresenta gli interessi dei diversi operatori del teatro professionale indipendente: e per fortuna!) e direttrice della compagnia Trickster-p che riceve, nella forma di una Convenzione, soldi dal Cantone. Ma come è stato notato durante l’incontro del 3 maggio, il sostegno può venire da un rubinetto diverso, ma il serbatoio è sempre quello. Già nel 2020, una delegazione delle compagnie ticinesi aveva avuto un incontro via Zoom, con l’allora Consigliere di Stato Bertoli, in cui si è sollevata la questione, ma ciascuno è restato sulle proprie posizioni. Un problema complicato quello del conflitto d’interessi che in varie forme si manifesta anche oltre San Gottardo. Ma ad esempio la commissione Teatro della città di Zurigo deve essere composta da personalità indipendenti, cioè che non ricevono sussidi dal Cantone o dalla Città.

Il dibattito continua. Contro le decisioni istituzionali, le compagnie hanno fatto ricorso e opposizione. Il TdR, come pensiero condiviso da attori e collaboratori, ha scritto ad esempio: «Il Teatro delle Radici esiste dal 1980, ha contribuito ininterrottamente alla crescita e allo sviluppo del teatro in questo Cantone, anche quando l’idea di compagnia indipendente non era che un seme; ha presentato i suoi spettacoli in 39 paesi, toccando i cinque continenti; ha pubblicato gran parte dei propri testi e formato molti attori che fanno parte della nuova generazione teatrale del Ticino; ha ricevuto riconoscimenti importanti, tra i quali il premio svizzero per il teatro nel 2014». E ancora: «Senza un sostegno all’attività viene toccata fondamentalmente la sopravvivenza della nostra sala, uno spazio unico nel suo genere nella città di Lugano, fulcro e recipiente di tante iniziative, ricerche, incontri e spettacoli». Nella risposta, l’On. Bertoli ha ribadito le ragioni di una scelta volta a non discriminare l’emergere delle nuove leve, un ragionamento che dovrebbe trovare obiezione in quello che si è esposto prima, cioè nel contributo che le compagnie storiche hanno dato e danno proprio al ricambio generazionale.

I rappresentanti del DECS finora hanno rifiutato qualsiasi invito a partecipare alla discussione pubblica in vista di un incontro che, voluto dall’On. Marina Carobbio, si terrà a giugno.

Manuela Camponovo

In cima