Anniversari

Anniversario della Strage di via D’Amelio, ricordando Paolo Borsellino

Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d’accordo
(Paolo Borsellino)

Erano trascorsi quasi due mesi dalla strage di Capaci (dove perse la vita l’amico e collega Giovanni Falcone), e Paolo Borsellino era consapevole che presto un agguato mafioso avrebbe cercato di fare la stessa cosa con lui. Difatti, il 19 luglio del 1992, alle 16.58 avviene quella che sarà ricordata come “la strage di via D’Amelio”: un attentato terroristico – mafioso nel quale perdono la vita Paolo Borsellino e gli agenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Sopravvive unicamente l’agente Antonino Vullo.

la strage di via D’Amelio

La strage di via D’Amelio.

Se apriamo un qualsiasi libro di storia leggiamo che Paolo Borsellino è nato e cresciuto a Palermo, è stato un magistrato italiano che nel 1980, insieme all’amico e collega Giovanni Falcone, entra nell’Ufficio istruzione della Procura palermitana e insieme iniziano la lotta contro le cosche mafiose. I libri ci raccontano che l’impegno per il lavoro che svolgono li conduce alla realizzazione del famoso pool antimafia che porta al maxiprocesso contro la Cupola. Poi, nel 1987, Borsellino assume la direzione della Procura di Marsala, e arriva a smantellare le associazioni criminali locali. L’operato di questi due magistrati è così incisivo che ucciderli diventa un obiettivo della mafia.
Così, dopo la morte di Falcone (Strage di Capaci), avviene la Strage di via D’Amelio: Borsellino si stava recando, insieme alla sua scorta, verso il palazzo dove abitavano la sorella Maria Pia Lepanto e la madre Rita Borsellino, quando improvvisamente esplose in via Mariano D’Amelio, 21 a Palermo una Fiat 126 contenente quasi 100 chilogrammi di esplosivo provoccando la morte del magistrato e di diversi agenti.

Quella di Paolo Borsellino e di Giovanni Falcone non fu solamente una lotta contro le organizzazioni criminali, ma una vera e propria dichiarazione: “nonostante la paura, nonostante le minacce, le intimidazioni, loro non si sarebbero fermati mai. Il loro obiettivo era quello di diffondere la cultura della legalità, far luce sull’organizzazione e i meccanismi d’azione della mafia per poterla contrastare”.
Borsellino un tempo disse: «Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene»; ma in particolare modo voleva che si parlasse della mafia ai giovani di tutta Italia perché per lui la lotta alla mafia non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma «un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti, specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità».
Il magistrato Borsellino si è recato spesso nelle scuole per parlare con gli studenti e spiegare loro cosa fosse e come si formano le organizzazioni criminali di stampo mafioso. Lezioni di legalità che nessuno forse meglio di lui poteva dare. Tra queste l’incontro del magistrato con gli studenti di una scuola a Bassano del Grappa (Veneto) nel 1989, che rimane ancora oggi memorabile: ascoltando le parole di Borsellino si resta sorpresi di quanto, a distanza di anni, siano attuali…
Paolo Borsellino«Magistrati e polizia si sono a lungo occupati da soli della mafia, lo Stato non ha fatto sostanzialmente nulla; non ha fatto nulla per creare un’amministrazione della giustizia efficiente in senso soprattutto civile». Borsellino e Falcone hanno più volte ribadito le sole azioni giudiziarie non possono fare piazza pulita sulla mafia e che si deve lavorare perché si crei uno Stato più credibile in quanto la «mafia prospera sulla mancanza di credibilità nelle istituzioni». Durante l’incontro con gli studenti, Borsellino spiega loro che «Nel momento in cui il cittadino non si identifica nell’istituzione, inizia anche a non osservarne le leggi; questo solitamente accade quando non si sente tutelato dallo Stato su determinati bisogni: il bisogno di giustizia, di sicurezza civile ed economica. Davanti a tale mancanza si cercano dei “sostituti” che possano dare risposta immediata». Però ricorda che se da un lato «La mafia nasce perché si presenta come qualcosa che assicura questi servizi, dall’altra non li assicura a tutti perché per dare a uno deve togliere a un altro». La ferma convinzione di Paolo Borsellino era l’importanza di lavorare verso uno Stato «più credibile» perché il pericolo di organizzazioni criminali mafiose sta nel «confondersi e nello stravolgere il senso vero delle istituzioni».

EVENTI COMMEMORATIVI…
A causa dell’emergenza Covid-19 tutti gli appuntamenti potranno essere seguiti on line presso il link www.19luglio1992.com.
In via d’Amelio sarà comunque presente, durante tutta la giornata, un presidio simbolico di aderenti al Movimento. Questa mattina, alle 10.30, è previsto l’incontro Viaggio nella Costituzione, in cui i Professori Alessandra Algostino e Gaetano Azzariti dialogheranno con alcuni studenti. Nel pomeriggio, a partire dalle ore 14.30, sarà trasmessa una serie di video realizzati dai gruppi territoriali del Movimento Agende Rosse. Alle ore 16.58 avrà luogo il minuto di silenzio e Salvatore Borsellino (fratello di Paolo) leggerà – da via d’Amelio –  la poesia Giudice Paolo di Marilena Monti. Infine, alle ore 18.00, è previsto l’incontro intitolato Cedimenti nella legislazione antimafia: riforme necessarie o inammissibili benefici per la criminalità mafiosa? durante il quale interverranno Salvatore Borsellino, Sebastiano Ardita (magistrato), Marco Patarnello (magistrato) e Fabio Repici (avvocato).

M.Elisa Altese

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