Convegno

Dimensioni di povertà come simboli dell’umanità

Una Summer School alla ricerca dell’essenzialità

Hermann Hesse, morto a Montagnola il 9 agosto 1962, descrive la saggezza della vita come «vivere nel mondo come se non fosse il mondo, possedere come se non si possedesse» e come ciò sia possibile «solo con l’umorismo». È questo forse un “modo laico” di intendere il messaggio di San Francesco sulla povertà? A domande come queste era dedicata la terza Summer School che la Rete Laudato si’ della Svizzera italiana ha organizzato lo scorso 27 agosto nella Casa La Montanina a Camperio in Valle di Blenio.

Ma forse il messaggio del Vangelo, interpretato in modo radicale e autentico da San Francesco e messo in cima al messaggio sociale della Chiesa dal Papa che ha scelto il suo nome, è più radicale della “saggezza” di Hesse perché non teme di chiamarla per nome: «povertà». Guardarla in faccia – gli innumerevoli volti dei poveri – e comprenderla come interrogativo serio per la nostra vita ha in effetti poco di «umoristico» perché «la povertà non è romantica», come ha ricordato Dante Balbo nelle sue considerazioni iniziali. E comprenderla fino in fondo significa capire che essa non si riduce alle ingiustizie della nostra società nei confronti degli indigenti. Certamente, la povertà è sempre anche materiale e in quanto tale «intollerabile»: bisogna lottare per le condizioni sociali giuste affinché tutti possano condurre una vita dignitosa. Il vero passaggio verso l’umanità avviene però quando ci si lascia sfidare dai poveri e dal loro radicale messaggio, per riconoscere la propria povertà e le proprie insufficienze nei confronti degli altri. Riusciamo davvero ad accettare i nostri limiti come realtà costitutiva della nostra esistenza e ad «abitarci», come ci interroga Stefano Frisoli? In altre parole, siamo disposti, in una società che non «tollera» limiti, addirittura a «ricercarli», ossia ad uscire dalle proprie certezze, proprio per trovare lì, nella propria povertà esistenziale, lo spazio di un abitare più autentico?

Portare la consapevolezza sociale ma anche la coscienza del singolo verso questa dimensione dell’«essere» e impedire che perdiamo la nostra esistenza nell’«avere» tipico della società dei consumi, è stata senz’altro l’intenzione di Erich Fromm, un altro grande intellettuale che ha vissuto in Ticino e morto a Muralto il 18 marzo 1980, con il suo bestseller «Avere o Essere?». Leggerlo nella prospettiva francescana e ripensare l’economia secondo quelle leggi che gli intellettuali francescani hanno scoperto per garantire i presupposti sociali affinché l’ideale francescano di una vita povera perché essenziale fosse realizzabile: ecco uno degli aspetti maggiormente sentiti e tematizzati durante la Summer School sia da parte dei relatori che da quella dei numerosi partecipanti, nonostante la giornata molto piovosa.

«I poveri li avete sempre con voi»: quest’affermazione di Cristo non vuol quindi dire soltanto che la povertà materiale purtroppo sarà sempre una condizione dell’umanità, ma anche che senza occuparci e curarci di essi la condizione umana non possiamo scoprirla fino in fondo. Per questo, Renzo Petraglio ha riassunto il messaggio dell’Antico Testamento nei versetti: «non trascurare lo sguardo dei bisognosi» e «non negare un dono a chi è in necessità», tratti dal libro del Siracide. Il Nuovo Testamento presenta poi Gesù come «il Messia dei poveri», e riconosce i veri «poveri nello spirito» in quelli che si mettono in cammino nella loro povertà e nella solidarietà con gli altri.

In questo modo, si è concretizzata sempre di più una triplice dimensione della povertà – specificata insieme a Rosmini come povertà materiale, intellettuale e spirituale. Simona Beretta ha ritrovato precisamente queste dimensioni nella figura della Serva di Dio Dorothy Day (1897–1980). Il suo insegnamento sta nel testimoniare che la «condivisione è la leva per uscire dalla povertà» e che i beni hanno una dimensione simbolica e comunitaria, proprio perché la povertà non è una questione di “soldi” bensì di «vergogna di essere poveri» e di «incertezza del futuro». Due condizioni che invece caratterizzano i poveri in una società che spinge alla realizzazione dell’«avere» secondo Fromm. Accompagnare i «poveri» e insieme ad essi più cittadini possibili verso una nuova mindfulness e consapevolezza, è un lavoro indispensabile nella lotta contro l’indigenza e per realizzare l’idea dello «sviluppo umano integrale» quale concetto centrale di Papa Francesco.

Elemento centrale per una società orientata più all’essere, che vive il possesso «come se non possedesse» e che quindi recupera la realtà profonda delle relazioni – ecco la realizzazione autentica della «povertà» come essenzialità –, è un’economia che considera non solo i beni «privati» ma anche quelli «pubblici». Valentina Rotondi ha sottolineato infatti come soltanto in questo modo la società riesce a tradurre in una prassi efficace – sebbene mai perfetta – che l’essere umano non agisce quasi mai in modo perfettamente autonomo e autointeressato, ma sempre anche come essere sociale e quindi parte della comunità a cui appartiene. In questa prospettiva, un’economia dei «beni pubblici» è sensibile alla «povertà» e sviluppa la capacità di prendersene cura. Non a caso, tale pensiero nell’economia è stato portato avanti prevalentemente da donne che ci ricordano che in fin dei conti la terra è «unico bene comune che accomuna davvero tutta l’umanità».

Non è un atteggiamento di un possesso che esclude gli altri, ma un’umiltà che porta alla responsabilità ciò che la «povertà» ci permette di riscoprire. Tale si nutre, come ha sottolineato Don Marco Dania, dal rapporto con l’assoluto di fronte al quale i nostri limiti non rendono impossibile tale responsabilità ma diventano al contrario condizione positiva per il suo esercizio concreto. Se dunque nel canone di Giotto che raffigura i momenti della vita di San Francesco nella Basilica ad Assisi, manca soltanto un episodio, ossia quello in cui egli abbraccia il lebbroso, come ha ricordato Rotondi, allora l’appello che emerge dalla Summer School è che come comunità tra credenti e laici possiamo realizzare insieme questa immagine riscoprendoci nella nostra limitatezza certamente poveri ma soprattutto ed essenzialmente Fratelli tutti.

Markus Krienke

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