Arte

I vincitori del Gran Premio svizzero d’arte 2023

L’Ufficio federale della cultura ha attribuito per la ventitreesima volta il Gran Premio svizzero d’arte / Prix Meret Oppenheim a tre personalità di spicco della scena culturale svizzera: i vincitori dell’edizione 2023 sono lo storico dell’arte e mediatore Stanislaus von Moos, l’artista Uriel Orlow e il collettivo Parity Group. «Tutti i vincitori del Gran Premio di quest’anno sono accomunati da una modalità di lavoro inclusiva e interdisciplinare e dal dialogo con diversi attori», si legge nella motivazione. La cerimonia di consegna di questo e degli altri Premi svizzeri d’arte avrà luogo il 12 giugno a Basilea; seguirà il vernissage della mostra degli Swiss Art Awards, sino al 18 giugno, a margine di Art Basel.

Stanislaus von Moos, nato a Lucerna nel 1940, ha studiato al Politecnico federale di Zurigo e all’Università di Zurigo. Vive tra Zurigo e Ennetbürgen (NW). «Lo storico dell’arte Stanislaus von Moos è noto in tutto il mondo per le analisi percettive degli ambienti costruiti e del modo in cui vengono plasmati da complessi processi storici, politici, economici e ideologici. Le sue acute critiche della cultura materiale promuovono una comprensione più profonda del mondo in cui viviamo. Curiosi e impegnati, eruditi e divertenti, gli scritti di von Moos risuonano con il pubblico all’interno e all’esterno dell’accademia». «Negli ultimi 60 anni  – si legge ancora nella nota dell’UFC – il lavoro di Stanislaus von Moos come studioso, curatore ed educatore ha creato ponti tra l’architettura e l’arte, la storia e la critica, la cultura alta e quella bassa, l’espansione urbana e i paesaggi artificiali. Ha affrontato una grande varietà di temi, dalle fortificazioni militari rinascimentali alle avanguardie moderniste, dalla cultura pop al minimalismo».

Uriel Orlow, nato nel 1973 a Zurigo, ha studiato al Central Saint Martins College of Art & Design di Londra, poi all’università di Ginevra, per poi tornare a Londra alla Slade School of Art e conseguire il dottorato alla University of the Arts. Vive e lavora a Lisbona, Londra e Zurigo. «Muovendo dalla ricerca e orientandosi ai processi, – si precisa nella nota – il lavoro artistico di Uriel Orlow è spesso in dialogo con altre persone e discipline e si sviluppa nel lungo periodo. Nei suoi progetti affronta le tracce del colonialismo, le manifestazioni spaziali della memoria, la giustizia sociale ed ecologica e i punti ciechi della rappresentazione, mettendo in scena le piante come attrici politiche […]. L’artista affronta temi come il furto di beni culturali nel contesto del colonialismo, la necessità di restituirli e le dimensioni materiali e psicologiche dei luoghi segnati da traumi storici. […] I suoi lavori al crocevia tra installazione, fotografia, video, disegno e suono mettono in dialogo tra loro diversi regimi di immagini e forme di racconto».

Parity Group è un’iniziativa nata al Dipartimento di architettura (D-ARCH) del Politecnico federale di Zurigo. Avviato nel 2014 da un gruppo di collaboratori e collaboratrici scientifici del dipartimento all’interno dell’istituzione accademica, il Parity Group si afferma da allora come «una piattaforma dove discutere e intervenire su questioni quali parità, diversità, disuguaglianza e critica istituzionale, rappresentando una rete e un punto d’incontro per gli attori accademici (dagli studenti e studentesse agli assistenti, docenti e insegnanti) che richiama l’attenzione su questi argomenti cruciali». Dal 2016 il Parity Group ha istituito e ospita i Parity Talks, un convegno dedicato alla diversità e all’uguaglianza di genere che si svolge ogni anno l’8 marzo, giornata internazionale dei diritti della donna. Gli esiti della prima edizione hanno consentito al Parity Group di redigere e lanciare il manifesto 9 Points for Parity, un elenco di misure strategiche volte a migliorare l’equilibrio di genere all’interno del dipartimento. Oltre a questi cambiamenti, il Parity Group ha costantemente promosso una varietà di formati ed eventi presso il Politecnico come proiezioni di film, club di lettura, laboratori, forum specifici, dando vita a una radicata cultura della discussione e dell’azione sulla diversità e la parità nell’istituto. «Il Parity Group – si legge nella motivazione – è una dimostrazione di come i movimenti dal basso possano affermarsi ed esercitare un’influenza presso istituzioni di grandi dimensioni, promuovendo una rete solidale e di interessi condivisi, e cambiando per sempre la riflessione attorno alla parità e alla diversità, ben oltre le mura del dipartimento».

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