Commento

Insegnamento delle lingue, si naviga a vista

Alunni in classe che scrivono

Regolarmente torna di attualità il tema delle lingue da insegnare nella scuola dell’obbligo, dove oggi, come noto, viene insegnato il francese (a classe intera) a partire dalla terza elementare, cui si aggiungono il tedesco dalla seconda media (a laboratori in seconda e per ora a livelli in terza e quarta) e l’inglese dalla terza media (in quarta a classi ridotte). Per non insegnare obbligatoriamente più di due lingue straniere in contemporanea, in terza (quando tutti iniziano l’inglese) è possibile abbandonare il francese; in terza vi è poi la possibilità di iniziare anche il latino.

È troppo? È troppo poco?

La situazione attuale è di compromesso tra esigenze contrastanti: si inizia con il francese perché lingua vicina e affine, e perché i/le docenti elementari (oggi ma anche a media scadenza) non sarebbero in grado di insegnare né il tedesco né l’inglese, e non pare opportuno introdurre altre figure. Ma soprattutto il rispetto per il plurilinguismo svizzero ci obbliga, e questo è un valore, a insegnare le lingue nazionali (almeno il francese e il tedesco): sarebbe certo più semplice insegnare unicamente l’inglese, alla faccia del federalismo e della coesione nazionale.

Non va scordato infine che per il 20,1% degli allievi, l’italiano non è la lingua madre (le prime quattro lingue erano, nel 2020/2021, nell’ordine: portoghese, bosniaco-croato-montenegrino-serbo, tedesco, albanese).

Nell’attuale dibattito sulle lingue, si nota però una mancanza di prospettiva: si parla di aumentare le ore da dedicare alle lingue seconde, senza che gli obiettivi siano chiari. Personalmente ritengo che la scuola dell’obbligo debba in primis insegnare a leggere, scrivere e far di conto. Inutile conoscere una lingua straniera se non si hanno idee da esprimere, o non si è in grado di farlo in modo chiaro e, d’altra parte, lo sottolineo, la padronanza dell’italiano è essenziale (anche) per consentire di imparare una o più lingue seconde.

Non minimizzo certo l’importanza delle altre lingue, mi domando però se ci si renda conto di quanto (e lo scrivo a malincuore) la nostra gioventù sia in difficoltà nell’esprimersi in italiano: troppi scrivono male, leggono poco e faticano ad esprimersi oralmente e la lingua usata nei vari social è notoriamente molto povera.

In Italia, in un appello di qualche anno fa contro il declino dell’italiano a scuola, 600 docenti universitari denunciarono le gravi carenze linguistiche (grammatica, sintassi, ma anche lessico) dei loro studenti, e la Svizzera italiana non fa certo eccezione: ma chi esce dalla scuola con poca competenza in italiano, in seguito andrà a fare parte di quei circa 40’000 “analfabeti di ritorno”, che da noi hanno perso la capacità di utilizzare il linguaggio scritto per formulare e comprendere messaggi, e che a fatica potranno esprimere poi i propri diritti come cittadini.

Maddalena Ermotti-Lepori

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