Commento

L’ingloriosa fine di un simbolo

Credit Suisse con Palazzo federale a Berna sullo sfondo

In poche ore ci siamo trovati orfani di un altro simbolo svizzero. A pochi giorni di distanza dal fallimento delle due banche americane anche il nostro Credit Suisse ha chiuso la sua storia dopo ben 160 anni. E lo ha fatto in fretta e furia, senza troppi tentennamenti e senza troppe lungaggini che avrebbero messo ancora più a dura prova i nostri mercati finanziari, ma anche la tenuta del nostro sistema economico nazionale. Addirittura, viste le parole di elogio e supporto ricevute dalle autorità degli Stati Uniti e anche dall’Unione europea, comprendiamo quanto pure gli altri sistemi bancari avrebbero potuto risentire di un fallimento di Credit Suisse.

Certo, nulla di nuovo. Sappiamo che le banche sono degli attori fondamentali nei nostri sistemi economici moderni: oltre a fornirci la possibilità di effettuare i pagamenti, consentono alle famiglie, alle aziende e spesso anche agli Stati, di entrare in possesso delle risorse necessarie alle loro attività. L’intermediazione finanziaria diretta e quella indiretta sono oggi indispensabili per qualunque economia. E le economie, in un mondo sempre più globalizzato, sono strettamente connesse tra di loro. Non a caso oggi parliamo di gruppi bancari mondiali che valgono diverse centinaia di miliardi di dollari. Il loro valore dipende anche dalle attività che svolgono e dai depositi che riescono ad attrarre. Questo ci fa comprendere quali grandi conseguenze possono nascere dal fallimento di una banca che non svolge più solo le attività all’interno di una nazione.

La concorrenza tra gruppi mondiali è sicuramente grande, ma da sola non basta a spiegare cosa è successo a Credit Suisse. Inutile provare a negare i gravi errori commessi dalle diverse dirigenze che si sono succedute negli ultimi anni. Sia da un punto di vista strategico che da un punto di vista più operativo, poco o nulla è andato per il verso giusto. Wirecard, Archegos Capital Management, Greensill Capital, multe per possibili implicazioni in storie di corruzione, guai con le autorità di molte nazioni… Insomma le perdite miliardarie che sono arrivate non sono sicuramente state il frutto di un unico errore.

Tutti noi ci domandiamo se non era possibile accorgersene prima. Probabilmente sì. E proprio per questo chi doveva vigilare sull’operato della banca dovrà renderne conto. Ma attenzione: anche la politica che ora si indigna e vuole correre a modificare le leggi ha dormito sugli allori. La crisi del 2008 è passata da ben quindici anni e finora nessuno, e sottolineiamo nessuno, ha messo in discussione le misure allora volute per evitare nuovi tracolli.

Ora facciamo in modo di correggere sì gli errori, ma facciamo in modo soprattutto di non essere ancora autolesionisti e mettere in ginocchio noi questo tentativo di salvataggio che era di fatto una scelta obbligata.

Amalia Mirante

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