Commento

Vittoria, ma di chi?

9 maggio 2023, Kiev: Giornata dell'Europa

Il fatto che la Russia commemori, con la “Giornata della vittoria”, la fine della seconda guerra mondiale un giorno dopo la capitolazione della Germania (8 maggio 1945) è dovuto alla volontà di Stalin di non “festeggiare” assieme alle democrazie occidentali, sfruttando il dettaglio che al momento della firma a Mosca era già iniziato il giorno successivo. Il 9 maggio di quest’anno ha visto una celebrazione sottotono, con un solo carro armato e, soprattutto, con l’assenza della marcia del Reggimento immortale. Dipingendo la Russia come vittima della “guerra” dell’Occidente, nel suo discorso Putin si è appellato all’unità dei russi nel sostenere gli “eroi” che difendono la patria. Soprattutto ha denunciato la decadenza dei valori nell’Occidente e ha accusato Kiev di essersi fatta strumentalizzare.

Uno scenario completamente diverso invece il 9 maggio a Kiev: per celebrare la Giornata dell’Europa – la ricorrenza della Dichiarazione Schuman nel 1950 – la Presidente della Commissione europea von der Leyen ha scelto la capitale ucraina, dimostrando che l’Europa riconosce la resistenza come battaglia per i suoi valori democratici e liberali. Durante la sua ormai quinta visita in Ucraina dall’inizio della guerra si è anche discusso del prosieguo del processo di adesione all’UE.

Proprio pensando alla Dichiarazione Schuman, al fallimento della “Comunità europea di difesa” nel 1954 e alla storica impensabilità di spese militari comunitarie, non può che apparire come un’assoluta novità la recente proposta normativa della Commissione di aumentare le spese per la produzione di armi e munizioni di ulteriori 500 milioni di euro, basata, come i pacchetti precedenti, su un meccanismo di finanziamento a latere del budget europeo. Essa porta il titolo Asap – “Atto di supporto alla produzione di munizioni”, con l’acronimo voluto “il più presto possibile”, da varare infatti entro la fine di questo mese. Mai nella storia dell’Europa fondi comunitari sono stati spesi per l’industria militare e non solo per la ricerca o lo sviluppo. Fa riflettere che si attinga anche ai fondi di coesione (aiuti per regioni svantaggiate) e ai piani nazionali per la ricostruzione post-pandemica – d’altronde dove altrimenti potevano essere cercati celermente se il budget europeo è ristrettissimo?

Questa vicenda ci fa comprendere non solo l’importanza strategica che l’UE attribuisce a questa guerra per la difesa dei valori della libertà e della democrazia, ma anche la consapevolezza che in futuro tale difesa chiederà realisticamente un maggiore impegno da parte dell’Europa.
Sempre di più vediamo il destino dell’Europa connesso alla vittoria dell’Ucraina. Se però sarà pure una vittoria dell’Europa, che del resto non è abituata a ragionare in questi termini, non è ancora detto. Le vittorie europee sono, come insegna il 9 maggio 1950, i suoi progressi istituzionali e i suoi contributi a creare una “pace giusta”.

Markus Krienke

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